sabato 28 maggio 2016

Lievito per pane e pizza

Lieviti Naturali: Tipi, utilizzo e conversioni

  • Lievito di birra fresco, è generato da microrganismi unicellulari, e quindi essendo “vivo” va conservato in frigorifero (si conserva per circa un mese). Si presenta come un panetto di colore grigio chiaro/beige e ha consistenza morbida, in genere si utilizza sbriciolato e sciolto in acqua tiepida. Un panetto di lievito standard pesa 25 g. Permette una lievitazione di qualche ora, che in genere si ritiene terminata quando l’impasto ha raddoppiato o triplicato il volume. Importante è rispettare la data di scadenza riportata sulla confezione.In genere il lievito di birra fresco viene utilizzato per la preparazione dell’impasto per pane, pizze, focacce e per tutti quei dolci la cui lievitazione avverrà al di fuori del forno, come trecce, pane dolce, pandoro, ciambelle, babà..
  • Lievito di birra secco o liofilizzato si conserva più a lungo, per circa un anno se mantenuto in ambiente fresco e asciutto (va comunque rispettata la data di scadenza riportata sulla confezione). Si presenta sotto forma di polvere o granuli contenuti in bustine o barattoli e in genere si utilizza “riattivato”, ovvero mettendolo in acqua tiepida zuccherata aspettando che produca una schiumetta. L’utilizzo e il tempo di lievitazione è simile a quella del lievito di birra fresco.
In entrambi i casi è bene considerare che un lievito vicino alla data di scadenza o già scaduto è meno attivo e tende a modificare negativamente le caratteristiche organolettiche dell’impasto.
CONVERSIONE TRA LIEVITO DI BIRRA FRESCO E LIEVITO DI BIRRA SECCO
Un panetto di lievito di birra fresco da 25 grammi corrisponde a bustina di lievito di birra secco da circa 7.
Il rapporto quindi è di circa 3:1… quindi se usate il lievito secco, ve ne basta circa un terzo (in peso) di quello fresco.
  • Lievito madre o pasta madre si ottiene prelevando un pezzetto di impasto (contenente lievito) da un precedente impasto. Questo pezzetto fungerà da mezzo di coltura e verrà quindi aggiunto al successivo impasto (di cui se ne preleverà una parte per la lavorazione successiva e così via). All’inizio può sembrare una cosa complicata ma in realtà il lievito madre non è difficile da produrre in casa propria, ha maggiore durata rispetto al lievito di birra e risulta maggiormente digeribile. Si conserva in frigorifero e va rinfrescato, ogni 4-5 giorni o comunque prima di ogni utilizzo, con altra acqua e farina.
  • Lievito madre essiccato è una delle novità che si trovano nei supermercati, non va confuso con il lievito madre vero e proprio descritto sopra!! Se leggete con attenzione quanto scritto sul retro di queste bustine, noterete la presenza del lievito secco o di birra: questo viene aggiunto perchè il lievito madre una volta essiccato non è più “vivo”, quindi è molto più debole ed ha poco potere lievitante! Il lievito di birra che viene aggiunto quindi serve proprio per far “partire” la lievitazione.
Un discorso a parte va fatto per i lieviti chimici che hanno un effetto lievitante dato dallo sviluppo di anidride carbonica che crea delle bolle d’aria che fanno gonfiare l’impasto. Questi lieviti generano gas più velocemente di quelli naturali, per questo sono particolarmente adatti per dolci.

domenica 6 marzo 2016

Nes Passito di Pantelleria doc Cantine Pellegrino

Nella lingua di Dante si direbbe Moscato di Alessandria ma siccome è il vitigno simbolo dell'isola di Pantelleria non possiamo che chiamarlo col nome siciliano, quello che deriva dall'arabo zabib (زبيب) che significa uvetta, uva appassita ed infatti l'alto grado zuccherino del Moscato permetteva di appassirne facilmente i grappoli così nell'antichità nella piccola isola poteva aversi per tutto l'inverno frutta energetica, con la quale si facevano vini dolci, il vino che interpreta al meglio il territorio pantesco.
Un territorio difficile, vulcanico, battuto terribilmente dai venti carichi di salsedine marina e soggetto al clima caldo ed arido, per cui gli agricoltori dovevano effettuare un duro lavoro, preparare e rendere sciolta la roccia vulcanica, formare terrazzamenti, issare muretti a secco che costituissero riparo ai soffi di Eolo, curare con attenzione e quasi coccolare le singole piante. Anche queste dovevano sviluppare muscoli tremendi per contrastare, piegandosi al suolo, le raffiche, per cercare ed utilizzare la poca acqua disponibile. Per fortuna la natura a questo punto si commuoveva per tanta passione e sofferto sacrificio per cui concedeva frutti fantastici, vere perle rare nell'universo agricolo.




Non potendo dilungarci più sui particolari vini panteschi ci concentriamo sul Passito, anzi sul Passito di Pantelleria, Doc che nasce nel 1971 e rivista nel 2000, che può dirsi anche Moscato Passito di Pantelleria. Il disciplinare prevede solo Zibibbo al 100%, coltivato, vinificato e imbottigliato nell'Isola. Solo chi imbottigliava storicamente in Sicilia è stato derogato a quest'ultima limitazione. Non confondiamolo col Passito Liquoroso, pur esso un Doc, a cui però è aggiunto alcol di origine viticola. Il Passito potremmo definirlo naturale, aggettivo che però non può scriversi in etichetta perchè la normativa, spesso irrazionale, non lo permette. E' prodotto da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento al sole  sulla pianta o dopo la raccolta.

Due parole poi su Cantine Pellegrino, una feconda realtà della provincia di Trapani, un'azienda che produce e commercializza 6.500.000 bottiglie e che vinifica il 65% di tutte le uve di Pantelleria. Fondata nel 1880 da una famiglia di notai contribuì alla diffusione del vino Marsala. Oggi possiede 150 ha di vigneti, quasi tutti in comune di Mazara del Vallo, una consistente cantina nel centro di Marsala che amplia quella storica ottocentesca e dove nell'edificio Le Torri è creato un centro per l'accoglienza, le degustazioni, anche culinarie, e i convegni; un'altra cantina più moderna in C.da Cardilla alle porte di Marsala, infine la cantina pantesca in contrada Kuddia Rossa. E' un'azienda familiare con presidente Pietro Romano Alagna e A.D. Benedetto Renda, mentre le redini del mercato sono nelle mani di Emilio Ridolfi, direttore commerciale. Da qualche anno i vini della linea HoReCa sono conosciuti col marchio Duca di Castelmonte.

Nella lingua di Dante si direbbe Moscato di Alessandria ma siccome è il vitigno simbolo dell'isola di Pantelleria non possiamo che chiamarlo col nome siciliano, quello che deriva dall'arabo zabib (زبيب) che significa uvetta, uva appassita ed infatti l'alto grado zuccherino del Moscato permetteva di appassirne facilmente i grappoli così nell'antichità nella piccola isola poteva aversi per tutto l'inverno frutta energetica, con la quale si facevano vini dolci, il vino che interpreta al meglio il territorio pantesco.
Un territorio difficile, vulcanico, battuto terribilmente dai venti carichi di salsedine marina e soggetto al clima caldo ed arido, per cui gli agricoltori dovevano effettuare un duro lavoro, preparare e rendere sciolta la roccia vulcanica, formare terrazzamenti, issare muretti a secco che costituissero riparo ai soffi di Eolo, curare con attenzione e quasi coccolare le singole piante. Anche queste dovevano sviluppare muscoli tremendi per contrastare, piegandosi al suolo, le raffiche, per cercare ed utilizzare la poca acqua disponibile. Per fortuna la natura a questo punto si commuoveva per tanta passione e sofferto sacrificio per cui concedeva frutti fantastici, vere perle rare nell'universo agricolo.

Non potendo dilungarci più sui particolari vini panteschi ci concentriamo sul Passito, anzi sul Passito di Pantelleria, Doc che nasce nel 1971 e rivista nel 2000, che può dirsi anche Moscato Passito di Pantelleria. Il disciplinare prevede solo Zibibbo al 100%, coltivato, vinificato e imbottigliato nell'Isola. Solo chi imbottigliava storicamente in Sicilia è stato derogato a quest'ultima limitazione. Non confondiamolo col Passito Liquoroso, pur esso un Doc, a cui però è aggiunto alcol di origine viticola. Il Passito potremmo definirlo naturale, aggettivo che però non può scriversi in etichetta perchè la normativa, spesso irrazionale, non lo permette. E' prodotto da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento al sole  sulla pianta o dopo la raccolta.

Due parole poi su Cantine Pellegrino, una feconda realtà della provincia di Trapani, un'azienda che produce e commercializza 6.500.000 bottiglie e che vinifica il 65% di tutte le uve di Pantelleria. Fondata nel 1880 da una famiglia di notai contribuì alla diffusione del vino Marsala. Oggi possiede 150 ha di vigneti, quasi tutti in comune di Mazara del Vallo, una consistente cantina nel centro di Marsala che amplia quella storica ottocentesca e dove nell'edificio Le Torri è creato un centro per l'accoglienza, le degustazioni, anche culinarie, e i convegni; un'altra cantina più moderna in C.da Cardilla alle porte di Marsala, infine la cantina pantesca in contrada Kuddia Rossa. E' un'azienda familiare con presidente Pietro Romano Alagna e A.D. Benedetto Renda, mentre le redini del mercato sono nelle mani di Emilio Ridolfi, direttore commerciale. Da qualche anno i vini della linea HoReCa sono conosciuti col marchio Duca di Castelmonte.

Recensione di Giovanni Paternó