mercoledì 3 maggio 2017

Bere e Mangiare: Vignarola di mare

Bere e Mangiare: Vignarola di mare

sabato 28 maggio 2016

Lievito per pane e pizza

Lieviti Naturali: Tipi, utilizzo e conversioni

  • Lievito di birra fresco, è generato da microrganismi unicellulari, e quindi essendo “vivo” va conservato in frigorifero (si conserva per circa un mese). Si presenta come un panetto di colore grigio chiaro/beige e ha consistenza morbida, in genere si utilizza sbriciolato e sciolto in acqua tiepida. Un panetto di lievito standard pesa 25 g. Permette una lievitazione di qualche ora, che in genere si ritiene terminata quando l’impasto ha raddoppiato o triplicato il volume. Importante è rispettare la data di scadenza riportata sulla confezione.In genere il lievito di birra fresco viene utilizzato per la preparazione dell’impasto per pane, pizze, focacce e per tutti quei dolci la cui lievitazione avverrà al di fuori del forno, come trecce, pane dolce, pandoro, ciambelle, babà..
  • Lievito di birra secco o liofilizzato si conserva più a lungo, per circa un anno se mantenuto in ambiente fresco e asciutto (va comunque rispettata la data di scadenza riportata sulla confezione). Si presenta sotto forma di polvere o granuli contenuti in bustine o barattoli e in genere si utilizza “riattivato”, ovvero mettendolo in acqua tiepida zuccherata aspettando che produca una schiumetta. L’utilizzo e il tempo di lievitazione è simile a quella del lievito di birra fresco.
In entrambi i casi è bene considerare che un lievito vicino alla data di scadenza o già scaduto è meno attivo e tende a modificare negativamente le caratteristiche organolettiche dell’impasto.
CONVERSIONE TRA LIEVITO DI BIRRA FRESCO E LIEVITO DI BIRRA SECCO
Un panetto di lievito di birra fresco da 25 grammi corrisponde a bustina di lievito di birra secco da circa 7.
Il rapporto quindi è di circa 3:1… quindi se usate il lievito secco, ve ne basta circa un terzo (in peso) di quello fresco.
  • Lievito madre o pasta madre si ottiene prelevando un pezzetto di impasto (contenente lievito) da un precedente impasto. Questo pezzetto fungerà da mezzo di coltura e verrà quindi aggiunto al successivo impasto (di cui se ne preleverà una parte per la lavorazione successiva e così via). All’inizio può sembrare una cosa complicata ma in realtà il lievito madre non è difficile da produrre in casa propria, ha maggiore durata rispetto al lievito di birra e risulta maggiormente digeribile. Si conserva in frigorifero e va rinfrescato, ogni 4-5 giorni o comunque prima di ogni utilizzo, con altra acqua e farina.
  • Lievito madre essiccato è una delle novità che si trovano nei supermercati, non va confuso con il lievito madre vero e proprio descritto sopra!! Se leggete con attenzione quanto scritto sul retro di queste bustine, noterete la presenza del lievito secco o di birra: questo viene aggiunto perchè il lievito madre una volta essiccato non è più “vivo”, quindi è molto più debole ed ha poco potere lievitante! Il lievito di birra che viene aggiunto quindi serve proprio per far “partire” la lievitazione.
Un discorso a parte va fatto per i lieviti chimici che hanno un effetto lievitante dato dallo sviluppo di anidride carbonica che crea delle bolle d’aria che fanno gonfiare l’impasto. Questi lieviti generano gas più velocemente di quelli naturali, per questo sono particolarmente adatti per dolci.

domenica 6 marzo 2016

Nes Passito di Pantelleria doc Cantine Pellegrino

Nella lingua di Dante si direbbe Moscato di Alessandria ma siccome è il vitigno simbolo dell'isola di Pantelleria non possiamo che chiamarlo col nome siciliano, quello che deriva dall'arabo zabib (زبيب) che significa uvetta, uva appassita ed infatti l'alto grado zuccherino del Moscato permetteva di appassirne facilmente i grappoli così nell'antichità nella piccola isola poteva aversi per tutto l'inverno frutta energetica, con la quale si facevano vini dolci, il vino che interpreta al meglio il territorio pantesco.
Un territorio difficile, vulcanico, battuto terribilmente dai venti carichi di salsedine marina e soggetto al clima caldo ed arido, per cui gli agricoltori dovevano effettuare un duro lavoro, preparare e rendere sciolta la roccia vulcanica, formare terrazzamenti, issare muretti a secco che costituissero riparo ai soffi di Eolo, curare con attenzione e quasi coccolare le singole piante. Anche queste dovevano sviluppare muscoli tremendi per contrastare, piegandosi al suolo, le raffiche, per cercare ed utilizzare la poca acqua disponibile. Per fortuna la natura a questo punto si commuoveva per tanta passione e sofferto sacrificio per cui concedeva frutti fantastici, vere perle rare nell'universo agricolo.




Non potendo dilungarci più sui particolari vini panteschi ci concentriamo sul Passito, anzi sul Passito di Pantelleria, Doc che nasce nel 1971 e rivista nel 2000, che può dirsi anche Moscato Passito di Pantelleria. Il disciplinare prevede solo Zibibbo al 100%, coltivato, vinificato e imbottigliato nell'Isola. Solo chi imbottigliava storicamente in Sicilia è stato derogato a quest'ultima limitazione. Non confondiamolo col Passito Liquoroso, pur esso un Doc, a cui però è aggiunto alcol di origine viticola. Il Passito potremmo definirlo naturale, aggettivo che però non può scriversi in etichetta perchè la normativa, spesso irrazionale, non lo permette. E' prodotto da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento al sole  sulla pianta o dopo la raccolta.

Due parole poi su Cantine Pellegrino, una feconda realtà della provincia di Trapani, un'azienda che produce e commercializza 6.500.000 bottiglie e che vinifica il 65% di tutte le uve di Pantelleria. Fondata nel 1880 da una famiglia di notai contribuì alla diffusione del vino Marsala. Oggi possiede 150 ha di vigneti, quasi tutti in comune di Mazara del Vallo, una consistente cantina nel centro di Marsala che amplia quella storica ottocentesca e dove nell'edificio Le Torri è creato un centro per l'accoglienza, le degustazioni, anche culinarie, e i convegni; un'altra cantina più moderna in C.da Cardilla alle porte di Marsala, infine la cantina pantesca in contrada Kuddia Rossa. E' un'azienda familiare con presidente Pietro Romano Alagna e A.D. Benedetto Renda, mentre le redini del mercato sono nelle mani di Emilio Ridolfi, direttore commerciale. Da qualche anno i vini della linea HoReCa sono conosciuti col marchio Duca di Castelmonte.

Nella lingua di Dante si direbbe Moscato di Alessandria ma siccome è il vitigno simbolo dell'isola di Pantelleria non possiamo che chiamarlo col nome siciliano, quello che deriva dall'arabo zabib (زبيب) che significa uvetta, uva appassita ed infatti l'alto grado zuccherino del Moscato permetteva di appassirne facilmente i grappoli così nell'antichità nella piccola isola poteva aversi per tutto l'inverno frutta energetica, con la quale si facevano vini dolci, il vino che interpreta al meglio il territorio pantesco.
Un territorio difficile, vulcanico, battuto terribilmente dai venti carichi di salsedine marina e soggetto al clima caldo ed arido, per cui gli agricoltori dovevano effettuare un duro lavoro, preparare e rendere sciolta la roccia vulcanica, formare terrazzamenti, issare muretti a secco che costituissero riparo ai soffi di Eolo, curare con attenzione e quasi coccolare le singole piante. Anche queste dovevano sviluppare muscoli tremendi per contrastare, piegandosi al suolo, le raffiche, per cercare ed utilizzare la poca acqua disponibile. Per fortuna la natura a questo punto si commuoveva per tanta passione e sofferto sacrificio per cui concedeva frutti fantastici, vere perle rare nell'universo agricolo.

Non potendo dilungarci più sui particolari vini panteschi ci concentriamo sul Passito, anzi sul Passito di Pantelleria, Doc che nasce nel 1971 e rivista nel 2000, che può dirsi anche Moscato Passito di Pantelleria. Il disciplinare prevede solo Zibibbo al 100%, coltivato, vinificato e imbottigliato nell'Isola. Solo chi imbottigliava storicamente in Sicilia è stato derogato a quest'ultima limitazione. Non confondiamolo col Passito Liquoroso, pur esso un Doc, a cui però è aggiunto alcol di origine viticola. Il Passito potremmo definirlo naturale, aggettivo che però non può scriversi in etichetta perchè la normativa, spesso irrazionale, non lo permette. E' prodotto da uve sottoposte in tutto o in parte ad appassimento al sole  sulla pianta o dopo la raccolta.

Due parole poi su Cantine Pellegrino, una feconda realtà della provincia di Trapani, un'azienda che produce e commercializza 6.500.000 bottiglie e che vinifica il 65% di tutte le uve di Pantelleria. Fondata nel 1880 da una famiglia di notai contribuì alla diffusione del vino Marsala. Oggi possiede 150 ha di vigneti, quasi tutti in comune di Mazara del Vallo, una consistente cantina nel centro di Marsala che amplia quella storica ottocentesca e dove nell'edificio Le Torri è creato un centro per l'accoglienza, le degustazioni, anche culinarie, e i convegni; un'altra cantina più moderna in C.da Cardilla alle porte di Marsala, infine la cantina pantesca in contrada Kuddia Rossa. E' un'azienda familiare con presidente Pietro Romano Alagna e A.D. Benedetto Renda, mentre le redini del mercato sono nelle mani di Emilio Ridolfi, direttore commerciale. Da qualche anno i vini della linea HoReCa sono conosciuti col marchio Duca di Castelmonte.

Recensione di Giovanni Paternó

sabato 7 marzo 2015

Tiramisu Light Biologico




















Tiramisu Light Biologico

Ingredienti (per 8 persone):



• 500g di ricotta magra mucca o pecora

• 5 albumi montati a neve (uova Bio)

• 125 g di zucchero a velo integrale

• 1 tavoletta di cioccolato fondente 70% biologico

•  polvere di caffè (bio)

•  polvere di cioccolato amaro (bio)

• 6 tazzine di caffè (bio)

•200g di biscotti integrali (con un olio evo)


Montare a neve gli albumi e mettere in frigo.
Montare la ricotta con lo zucchero a velo integrale fino ad ottenere una crema soffice.
Mischiare la crema con gli albumi montati a neve e la base è pronta.

Per creare il bicchierino un fondo di crema un pezzetto di biscotto integrale bagnato nel caffè, polvere di caffè e cioccolato sbriciolato.
Riempire di crema e spolverare con cacao amaro e pezzetti di cioccolato.

Il gioco è fatto.

Voilà



mercoledì 30 aprile 2014

Olive Ascolane

Olive Liana Ascolane













Quantità per 100 olive:

Ripieno

200 gr manzo

200 gr maiale

200 gr tacchino

Pangrattato-Parmigiano

3 uova

Noce moscata

No sale

Olive giganti in salamoia

Panatura

Pangrattato

Farina

Uova

No sale












Procedimento

Per il ripieno soffrigge in olio d'oliva carota sedano e cipolla.

A fuoco lento per 2 tre ore coperto cuocere tagliata a spezzatino la carne, se si asciuga aggiungere vino bianco.

A cottura ultimata aggiungere pangrattato parmigiano tre uova intere la nice moscata e frullare con il minipimer e lavorare il tutto con le mani.

Tagliare le olive a spirale










Riempire le olive con il ripieno




























e per la panatura fare un primo passaggio prima nella farina poi nell'uovo e nel pangrattato














per finire un secondo passaggio in uovo e pangrattato.



















Fatto!!!Bisogna solo Friggere!!!!!!!!!!!














domenica 27 aprile 2014

Colomba Classica Biffi Milano 1852

L'aroma goloso, l'impasto morbido e la ricca copertura fanno della Colomba una dei grandi classici dell'arte dolciaria di Biffi. La Colomba è lavorata artigianalmente e confezionata nei preziosi incarti, nell'elegante astuccio o nell'originale cappelliera. La Colomba Classica è ricca di uvetta e coperta da una glassa di zucchero e miele e tempestata di mandorle e nocciole.

venerdì 16 agosto 2013

Il Tonno

Il Tonno
Il tonno è un pesce azzurro marino della famiglia dei Tunnidi e dell'ordine dei Perciformi.
A seconda del taglio la carne è sempre ricca di proteine.
Il genere Thunnus, conosciuto comunemente come Tonno, raggruppa 8 specie di grandi pesci pelagici appartenenti alla famiglia Scombridae.
I tonni hanno un corpo ovaloide allungato ed idrodinamico, piuttosto compresso ai fianchi.
La pinna dorsale e quella anale sono alte e robuste.
Dopo la pinna dorsale e quella anale sono presenti alcune pinnette stabilizzatrici.
È caratterizzato da dorso bluastro, fianchi argentei e ventre grigiastro.

Specie di tonno

Tonno rosso 

Tonno rosso

Nel Mediterraneo si trova il tonno rosso (Thunnus thynnus o bluefin), così chiamato per l'intenso colore delle sue carni. Ha il corpo lungo fino a 3 m e pesa fino a 600 kg, con coda a semiluna. Le sue carni sono ricercatissime specie in Giappone, ove è alla base dei piatti di pesce crudo.

Tonno bianco

Tonno bianco

 Il tonno bianco (Thunnus alalunga), è considerato molto pregiato. È detto anche: Longfin, Albies, Pesce burro maculato, Tombo binnaga ahi, Bianco del Pacifico. Ha lunghe pinne pettorali a forma di sciabola. Può arrivare a 100 cm di lunghezza e pesare 40 kg. La carne è bianca con sfumature rosa. Sono molto apprezzate anche le sue uova. È l'unica specie di tonno che può essere commercializzata come "tonno carne bianca" negli Stati Uniti.

Tonno a pinne gialle

Tonno a pinne gialle

 La varietà più utilizzata per l'inscatolamento è il tonno a pinne gialle (Thunnus Albacore o Yellowfin tuna), così detto per la caratteristica colorazione gialla sulla punta delle pinne. Il suo peso medio si aggira attorno ai 40 Kg, e può arrivare fino a 150 cm di lunghezza. La sua carne è chiara. Destinato principalmente all’industria conserviera.

Tonno bonito

Tonno Bonito

 Il Tonno Bonito a dorso raggiato ha forma allungata e non è mai molto grande (in genere non supera i 50 cm di lunghezza e i 2 kg di peso). La sua carne è di colore rosso scuro. Questa qualità di tonno è destinata soprattutto all’industria conserviera. In Giappone viene conservata sotto forma di fiocchi secchi che si conservano per lungo tempo e usato per il Dashi.

Tonnetto striato 

Tonnetto striato

Una varietà di qualità inferiore è il Tonnetto striato (Euthynnus pelamis o skip-jack). È un piccolo tonno che raggiunge i 3-5 kg e dalla carne meno rosea. Sulle coste italiane è raro, tranne a Lampedusa e in Sicilia. Le prime due varietà solitamente vengono vendute a tranci o filetti. I tonni di specie più piccole vengono vendute anche intere. Normalmente in Italia i tonni maggiormente commercializzati sono il tonno pinna gialla e il tonno rosso venduti ad un prezzo in genere più basso.

Altre specie Thunnus atlanticus, Thunnus maccoyii, Thunnus obesus, Thunnus orientalis, Thunnus tonggol


Filetto

Trancio di tonnoIl tonno è un pesce piuttosto caro, viene venduto a tranci, più frequentemente viene commercializzato solo il filetto, la parte magra, mentre altri tagli come la ventresca (la pancia) sono più difficili da trovare.
Le carni del tonno rosso si dividono in tre tipi di filetto: il filetto di tonno, il tarantello e la ventresca.
Parte dorsale

Parte dorsale del tonno
La parte normalmente commercializzata col nome di tonno è quella che si trova sulla parte dorsale. È la meno pregiata, seppur molto saporita, ed è in assoluto la parte più magra. Non ha spiccato sapore di pesce, ma piuttosto ricorda nell'aspetto e nella consistenza il filetto di manzo.

La ventresca

Ventresca di tonnoÈ la parte ventrale del pesce, in Toscana chiamata sorra, ed è la parte più pregiata di un tonno soprattutto negli esemplari di grosse dimensioni. Ha un contenuto lipidico superiore che la rende particolarmente tenera e gustosa. Sono le parti del pesce che ricoprono i fianchi e la cavità addominale. Poiché questa parte, è abbastanza grassa, si tende a sgrassarla il più possibile. La ventresca va' consumata, oltre che come tutto il tonno sott'olio negli impieghi ordinari; si presta poi ottimamente per il condimento delle pastasciutte.

Tarantello

Un terzo tipo di filetto è il tarantello, che si trova a metà tra tonno (parte dorsale) e ventresca: risulta più morbido del filetto, senza arrivare alla consistenza più grassa della ventresca, della quale però non perde il sapore. Ideale come antipasto condito con qualche goccia di limone oppure come ingrediente fondamentale nella preparazione di un sugo o un condimento. La denominazione viene da Taranto, che fu antichissima patria di tonnare.

Come scegliere il tonno in scatola 

Il tonno migliore è quello in cui la carne risulta compatta e a pezzi grandi, in quanto assorbe meno olio. Se invece il pesce è sminuzzato, affoga facilmente nell'olio e nonostante lo sgocciolamento è difficile togliere l'olio in eccesso.
Non c'è alcun obbligo di riportare in etichetta la parte del tonno lavorata, se viene specificata significa che il prodotto è di ottima qualità.
La parte più pregiata è la ventresca, mentre le parti vicine alla coda o alle pinne sono le meno apprezzate.

I piu' pensano che il tonno che consumiamo arrivi dai nostri mari, pescato nelle tonnare e prontamente inscatolato. Non e' cosi' perche' la maggior parte del tonno "nostrano", cioe' il tonno rosso, viene acquistata dai giapponesi che ne sono estimatori e a noi non rimane che consumare il tonno giallo, o meglio a pinna gialla, pescato negli oceani (magari dagli stessi giapponesi).
Anche nel tonno ci sono parti piu' o meno pregiate, come puo' essere il filetto e la spalla per il bovino, ma questa informazione non e' riportata nell'etichetta della maggior parte dei prodotti. 
Il tonno dovrebbe essere a trance intere perche' quello sminuzzato puo' provenire da rimanenze di lavorazione. Tutto il tonno è cotto a vapore e l'aggiunta di oli di varia natura e' un indice di qualita': l'olio extra vergine, l'olio di oliva, l'olio di semi rappresentano le scale, a scendere, della bonta', a nostro parere, del prodotto.
In sintesi riassumiamo i consigli per acquistare il tonno in scatola (non tutte queste indicazioni sono riportate in etichetta):
  • Tonno rosso
  • Ventresca
  • Olio extra vergine d' oliva
  • Trance intere
Quattro semplici informazioni da tener presente nell'acquisto. 



Alroconsumo



Greenpeace




Contenitore 

Non è detto che il vasetto in vetro sia preferibile alla scatoletta di latta, l'importante è che quest'ultima si presenti integra e priva di ammaccature.

L'olio 

È molto importante: il semplice termine "olio di oliva" indica un olio di scarsa qualità mentre la dicitura "olio extra vergine di oliva" esalta le caratteristiche e la qualità del tonno.

Additivi

 Il tonno in scatola è un alimento genuino, cotto e inscatolato con sale e in alcuni casi con olio di oliva. Per legge è concessa anche l'aggiunta di glutammato monosodico (E621), un esaltatore di sapidità che dev'essere riportato tra gli ingredienti. Anche se concesso, la presenza di glutammato o la scritta E621 è indice di qualità scadente.

Le qualità di tonno

Non è obbligatorio riportare la qualità del tonno in etichetta, ma se particolarmente pregiata viene generalmente specificata per trasmettere un immagine di qualità al consumatore. Le qualità migliori sono la Thunnus thynnus e la Thunnus alalunga. La famosa qualità "pinne gialle" pur avendo carni di discreta qualità non rientra tra le migliori.

Lavorazione

In molti casi i tonni vengono congelati e lavorati successivamente. Se nell'etichetta appare la scritta "lavorato fresco" significa che il tonno è stato pescato, cotto e lavorato all'istante.

Come si pulisce il tonno 

Ecco il procedimento per pulire i tonni acquistati interi, quindi di piccole dimensioni. Per prima cosa eliminare le interiora incidendo il dorso sotto le branchie, ed estraendole. Tagliare quindi le pinne con delle forbici robuste. Se occorre eliminare le squame farlo passando il coltello dalla coda verso la testa. Infine sciacquare abbondantemente sotto acqua corrente. Per i tranci è sufficiente il lavaggio. Per sfilettare il tonno l'ideale è il coltello per sfilettare.

Come conservare il tonno 

I tranci o i filetti vanno lavati per eliminare il sangue e asciugati con carta assorbente da cucina. Possono poi essere messi in frigorifero nella parte più in basso, dove si mantengono per 2 giorni, meglio se riposti tra due piatti o avvolti in carta da cucina o da forno. Ancora meglio se conservati in ghiaccio. Si può congelare e, come tutto il pesce, va scongelato e consumato in tempi brevi (entro 3 mesi dal congelamento). Scongelare il tonno congelato lentamente in frigorifero. Lo scongelamento a microonde non è raccomandato.

Abbinamento col vino 

L'abbinamento ideale per questo pesce è con un rosso siciliano: Nero d'Avola; Syrah o Frappato.

Nutrizionali

 Dal punto di vista alimentare il tonno è molto ricco di proteine ed è mediamente grasso (10% di grassi circa). Mentre il tonno sott'olio, anche se sgocciolato, apporta da 260 a 300 kcal per 100 g, quello fresco arriva a poco più della metà. Dal punto di vista calorico non ha senso usare il tonno sott'olio. L'ideale è quello fresco altrimenti è meglio consumare quello in scatola al naturale, che è ancora meno calorico di quello fresco. Anche in salamoia sarebbe da evitare per l'inutile contenuto di sale che comunque si assume. A seconda del taglio contiene più o meno grassi. Il filetto è molto magro e può essere paragonato a un pesce magro (100 kcal per 100 g), mentre la ventresca può essere assimilata a un pesce grasso (180 kcal per 100 g). Il tonno in scatola comune utilizza tagli magri ed ha quindi una bassa percentuale di grassi (se si esclude l'olio utilizzato per la conservazione). È un pesce sicuramente grasso, ma ricco di proteine e sali minerali per questo considerato ricostituente ed energetico. Il filetto di tonno è un'ottima fonte proteica, meno come fonte di omega 3. Gli altri tagli sono più grassi, più gustosi, e ottime fonti di omega 3, quindi sono molto più consigliabili rispetto al costosissimo e un po' insipido filetto